“Caro ABO”, un’Arte Vera copre il mondo di mistero

di Bruno Ceccobelli

L’artista Bruno Ceccobelli prende spunto dal dibattito aperto da ArtsLife dopo le ultime uscite di Achille Bonito Oliva su arte e sistema dell’arte.

L’arte contemporanea si è degradata da quando le seconde avanguardie del Novecento, assetate di successi, si sono preoccupate dei dettami dei loro manifesti per la moda del mercato. Infatti, dopo gli anni cinquanta, i manifesti poetici dei vari artisti organizzati in gruppi formalisti si sono succeduti perlopiù in vista di una sperata fortuna mercantile. E per vedere appese le proprie opere nei musei, piuttosto che per le proprie convinzioni ideali. La società in sé non può produrre arte perché è un insieme plurimo e diverso d’anime e di visioni del mondo. Il critico, il gallerista, i media e i direttori di musei o di fiere d’arte rispondono al mercato perché sono lavori i loro, che vanno pagati. Il mercato risponde al gusto di un pubblico abbastanza ignorante perché si deve vendere il più possibile. La società e le sue istituzioni sono un collettivo acefalo, sinonimo di anonimato… la folla ondeggia secondo le ventate di novità… il nuovo porta un prodotto da consumare golosamente.

L’arte è antisociale, l’arte è una ricerca di purificazione, l’arte è metafisica, l’arte è un’autocoscienza spirituale. L’artista che introietta un qualsiasi sistema organico allo standard istituzionale non è duraturo… l’arte, la poesia sono eterne, gesto celestiale fuori dal mondo. Non dobbiamo mai scordarci in quale periodo storico viviamo, altrimenti saremo ciechi nel nostro destino. Dunque ve lo ricordo io il suo pedigree: siamo da trecento anni in un sistema sociale materialista razionalistico e imperialista, governato da una civiltà alienata dal capitalismo tecnologico. E per via di questo paradigma antropologico, ora diremmo post-umano, la scena dell’arte intorno all’opera sicuramente può corrispondere solo a una forzata cornice sovrastrutturale, destabilizzante l’opera d’arte. Ciò potrebbe condizionare l’artista pop o gli artisti stilisti, ma non intacca l’artista demiurgo creativo, sovversivo e maledetto.

Un’arte fossile

Le società culturali manipolano e tradiscono l’opera d’arte veggente, e non sono di nessuna importanza concettuale rispetto al suo valore “arcano”. Perché è evidente che in ogni periodo storico valori culturali corrispondono a diverse e opinabili necessità di gestione legate al regime coevo. In realtà il cervello sociale del nuovo millennio, per quanto decrepito, corrisponde al passato periodo del pleistocene. E come plusvalore estetico globalista abbiamo a che fare con un’arte di mercato, un’arte fossile senza più identità costruttive e ottusamente ripetitiva.

L’arte sociale o socialista o industrializzata, cioè propedeutica, è sempre un’epidemia. Sono tante opere malate, omologate, qualunquiste, di un becero servilismo all’ordine costituito. Faccio pochi nomi di esempi a caso: nessuno conosceva sino a fine Ottocento artisti validissimi come il Perugino e Bernardino Luini. E fino al primo Novecento il Caravaggio era sconosciuto ai molti. Il mercato conosce pittori straordinari del primo Novecento come la prima artista astratta Hilma af Klint, Enrico Prampolini, Alberto Bragaglia, Primo Conti? Quando un’arte fossile incontra un’arte con l’anima, l’arte fossile resta conformista.

Articolo pubblicato su ArtsLife
https://artslife.com/2023/02/22/caro-abo-unarte-vera-copre-il-mondo-di-mistero/

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